appello

Appello a tutti...

Quest'anno il Lampedusa in Festival è arrivato alla sua terza edizione. Con molto entusiasmo stiamo portando avanti questa iniziativa che riteniamo sia importante per Lampedusa, i lampedusani e tutti coloro che amano l'isola. Purtroppo, anche quest'anno, dobbiamo fare i conti con le nostre tante idee e i nostri pochi fondi per realizzarle.

Chiediamo a tutti coloro che credono nel Lampedusa in Festival e nel lavoro che Askavusa sta facendo -rispetto all'immigrazione e al territorio di Lampedusa- di dare un contributo, anche minimo, per permettere al Festival di svolgere quella funzione di confronto e arricchimento culturale che ha avuto nelle passate edizioni.

Per donazioni:
Ass. Culturale Askavusa
Banca Sant'Angelo
IBAN: IT 06N0577282960000000006970

visita il sito

www.lampedusainfestival.com

contattaci

askavusa@gmail.com






martedì 27 dicembre 2011

Tesseramento Ass. Askavusa 2012

Askavusa 2012, unisciti a noi

L'ultimo recente sbarco di migranti somali ha dimostrato ancora una volta che Lampedusa e' un porto sicuro e pronto a accogliere chi arriva dal mare carico di speranze. Questo e' anche grazie al costante lavoro di persone come Askavusa che si impegnano e fanno campagna di sensibilizzazione sull'argomento migrazione, ma e' anche segno che nell'isola c'e' gente pronta a intervenire.

Se vi chiedete dove eravamo quella sera, beh la risposta e' che Askavusa era a Cala Spugne a seguire i migranti, all'ospedale a tradurre per loro e a Cala Creta con generi di primo soccorso. La nostra presenza e l'aiuto dato, sono stati fondamentale per dimostrato - a chi non ci credeva - come anche la società civile sappia organizzarsi e mobilitare le proprie risorse. Aiutare e proteggere chi e' vulnerabile si puo' ottenere senza detenzione all'interno di centri recintati e custoditi.

Non smetteremo di essere quello che siamo fino a quando nuove politiche e pratiche sull'accoglienza e migrazione non verranno attuate in Italia.
Se vi chiedete dove eravate voi quella sera, la risposta e' accanto a noi. Il vostro contributo ci ha aiutato in tutto questo e oltre...il Museo delle Migrazioni, il Lampedusa in Festival. Per questo chiediamo ancora una volta il vostro supporto attraverso il rinnovo della membership annuale, o l'acquisto del libro “Le rughe sulla frontiera”, meravigliosa collaborazione tra i migliori vignettisti Italiani, Giampiero Caldarella e Askavusa.

Auguri a tutti e grazie ancora per la solidarietà.

Il team di Askavusa

per donazioni, sottoscrizioni e richiesta libro “Le rughe sulla frontiera”
contattateci a
askavusa@gmail.com

numero di carta: 4023600613906975
intestatario Gianluca Vitale (pres. Ass.Askavusa)

http://youtu.be/J33fBmDig-Y

martedì 4 ottobre 2011

Pagine Tunisine

Sono ormai passati piu' di dieci giorni, ma e' ora più' di ieri che ripeto e riguardo quelle immagini di guerriglia urbana e violenza. E' da Tunisi, che parte la digestione di quello che e' accaduto. Faccio domande, ma mi vengono, a mia volta, poste domande. Specialmente dai giovani di Rez02 Luttes, un organizzazione di universitari che in questi giorni ha allestito un incontro internazionale per parlare di resistenza sociale, capitalismo e riorganizzazione dal basso. Come in un racconto dei fratelli Grimm narro quella che e' l'edizione speciale di Capuccetto Rosso ambientata - in questo caso e esclusivamente per loro - a Lampedusa.

L'incendio, la fuga, il corteo verso il porto accompagnato dai canti "libertà', libertà'" e il cordone della polizia che li blocca al lato della pompa di benzina. Ecco ci siamo, come in tutte le favole, anche la nostra e' arrivata al suo punto focale, alla carta di Propp "castello stregato". Snocciolo i passi salienti e le impressioni, perché' la' io c'ero e a dispetto di quello che i media possono avere detto, io ne sapro' sempre di più. Ero li' nel mezzo di quella piazzetta. Ci sono sempre stata, e assieme a quei pochi che si trovavano accanto a me, era chiaro che quello non era un luogo sicuro.
Scende la notte e inutilmente la polizia cerca di convincere il gruppo di Tunisini a spostarsi verso il campo, dove potranno mangiare e essere inseriti nelle liste dei trasferimenti. Sono sempre più determinati a restare li. Hanno smesso di credere alle promesse di trasferimento che hanno sentito ripetere giorno dopo giorno a volte per un numero di giorni superiore al mese. La polizia - preoccupata nel conseguire il suo scopo e allarmata per un ipotetico attacco di Lampedusani - non si e' nemmeno accorta di quanti detriti, bastoni e tubi si trovano sparsi ovunque, come un sottobosco naturale dell'area. I ragazzi ascoltano, Ikbel, una studentessa di legge, scossa la testa, come se già avesse capito che il sospetto della polizia e' in realtà' qualcosa di più serio. Come in una rappresentazione teatrale, la scenografia e' già montata, tutto e' pronto, si aspettano solo gli attori - gladiatori - e il pubblico.
La notte passa senza pane, acqua o coperte e alle prime luci dell'alba i lavori cominciano. I ragazzi Tunisini recuperano vernice, pennello e lenzuola. In poche ore producono tre diversi banners in cui si scusano con Lampedusa, chiedono libertà e invocano l'aiuto dell'Unione Europea. Questo non basta, per lo meno a placare la rabbia del sindaco di Lampedusa che - noncurante della carica ricoperta - fa dichiarazioni di guerra per spaventare e allontanare i migranti. Il sole si alza nel cielo e la colonnina di mercurio lo segue. Aumenta la folla e la tensione tra i Lampedusani - tenuti a distanza dalle numerose forze di polizia in tenute anti sommossa - e i Tunisini che si trovano dislocati tra la pompa di benzina, la piazzetta e il portico del ristorante antistante. E' questione di secondi, appare una bombola di gas tra le mani di uno dei migranti, poi un altra…Nidhal mi guarda con la sua faccia da 23enne "non avrebbero dovuto, gli hanno dato la motivazione per attaccarli e così tutti penseranno che siamo noi - i Tunisini - i violenti…"
La sassaiola parte dalla zona del selciato degli uffici della Siremar, accanto al diving centre. La polizia si lancia sui migranti. Chi e' in piedi riesce a scappare e a sua volta, rispondere alla sassaiola. Chi se la passa peggio sono quelli seduti sul marciapiedi della pompa di benzina o nel portico del ristorante. Tutti gli si scagliano contro e loro, i Tunisini, non possono fare altro che giungere le mani pregando i picchiatori di smettere. Chi si trovava nelle "retroguardia", più' all'interno, sotto alla pensilina della pompa di benzina, salta la transenna e scappa, mentre gli altri le prendono. I sassi continuano a volare da entrambe le parti, aumentano le mazze e le assi portate dai Lampedusani per armare tutti. Si perché' tutti - inclusi i dipendenti di Lampedusa Accoglienza - devono per lo meno uscire da li' avendo sferrato un colpo. Douha si passa le mani giunte sul naso e si tiene la bocca, come se cercasse di bloccare la respirazione che e'aumentata, e riprendere il ritmo normale. Nidhal mi osserva "e tu, tu che facevi?"…"io filmavo, filmavo tra la pioggia di sassi che attraversavano lo spazio di cielo sulla piazza." Si accende una sigaretta "posso vedere il filamto?" "certo."

giovedì 22 settembre 2011

21-22/09/2011

Oggi è uno dei giorni più brutti che io abbia mai vissuto, la speranza di una Lampedusa faro della solidarietà del diritto e dell'umanità si è talmente affievolita che ormai sembra solo una fantasia retorica, quell'umanità che tanto ci aveva fatto sperare e che era stata troppo presto mitizzata era come avevamo detto in altre occasioni "Poca", perché non accompagnata da una coscienza politica e sociale. Oggi a Lampedusa si è compiuto il piano del governo e dell'amministrazione locale, quello che per molti anni non era riuscito, oggi ha avuto compimento, arrivare allo scontro tra Lampedusani e migranti, in questo caso tunisini.
Era da tempo che tutti quelli che dovevano sapere, erano a conoscenza dello stato di degrado e di nervosismo che nel centro di Lampedusa si viveva quotidianamente, molti lo avevano detto, ed era prevedibile che lasciare i ragazzi tunisini in quelle condizioni e in più essendo a conoscenza che i rimpatri erano lo scopo finale della loro attesa, avrebbe causato una grande rivolta, e cosi è stato.
Il problema è sempre lo stesso dall'inizio dell'anno, la mancanza di trasferimenti da Lampedusa al resto d'Italia, anche questo si sapeva, ma tutti facevano finta di niente, tutti facevano finta che la vita del centro fosse tranquilla, l'importante e che i migranti non si vedano per la strada, l'importante e che i turisti non vedano, come oggi ,l’importante è che mostriate le immagini della festa della madonna di Porto Salvo,la Lampedusa bella, la Lampedusa vacanziera, quello che è accaduto è già passato, non bisogna parlarne, questo modo di fare viene da una mentalità mafiosa dell’omertà e del silenzio, ed è il culmine dei comportamenti di un gruppo di persone e di una amministrazione che ha fatto dell’illegalità la propria bandiera, il peggio che nessuna istituzione ha mai arginato questa prassi del malaffare, dell’illecito, anzi sembra essere premiata, lo stato è veramente assente a Lampedusa, c’è un aria da far west da molto tempo, ognuno fa quello che vuole, i più prepotenti minacciano, corrompono e si fanno corrompere. L’unico valore che accomuna una parte di lampedusani che non so quantificare, è la stagione estiva che tradotto significa lo sfruttamento del territorio per fare soldi, ma il mondo e la storia vanno oltre una stagione turistica da salvare, vanno oltre la visione ristretta dei piccoli imprenditori, e quelli che dovevano essere i compagni di una lotta contro le angherie e le violenze che i potenti di tutto il mondo stanno facendo alle masse sono diventati il problema, i nemici da uccidere, da annegare , da buttare in mezzo al rogo , mentre Berlusconi al suo arrivo sull'isola viene acclamato da una folla violenta che impedisce a chi non è d'accordo di manifestare contro la politica del governo, ed anche in queste ore i miei amici, che oggi più che mai voglio chiamare compagni, vengono minacciati da una folla imbestialita, che ha perso ogni direzione "C'è ne pure per quelli di Askavusa se si mettono in mezzo", intanto la Lega ringrazia, il sindaco che dice i tunisini essere tutti delinquenti ha enormi responsabilità per quanto sta accadendo, e ogni persona che sta usando la violenza ha enormi responsabilità. Queste persone sono le stesse che hanno applaudito Crialese e che facevano a gara a complimentarsi dopo la proiezione di Terraferma, sono quelle che applaudono i cantanti che vengono a cantare per la solidarietà durante la manifestazione O scià, sono quelli che fanno a gara per potere ospitare i VIP che invita Baglioni facendo laudi guadagni, Baglioni stesso che viene finanziato da chi sta provocando questo enorme disastro e che dice di fare O scià per sensibilizzare la popolazione rispetto ai temi dell’integrazione dovrebbe condannare chi ha usato la violenza e non premiare chi ha partecipato ai pestaggi rifiutandosi di lavorare con questa gente, perche le canzoni , le parole non valgono a niente se non sono seguite dai fatti, Le persone che dicono buttateli in mare, bruciateli, sono tutti delinquenti magari oggi portavano in spalla la statua della madonna di porto salvo, , io non ho molta fede, ma il fatto che quello che sta accadendo in concomitanza con la festa della patrona dell'isola, che è anche un simbolo di convivenza pacifica mi fa pensare molto. Queste persone che si dice vogliano buttare giù “La porta d’Europa” il monumento di Mimmo Paladino sono più vicini a quegli estremisti islamici che distruggono le opere d’arte in nome di un fanatismo religioso che in realtà è il segno di un ignoranza mostruosa. Quello che mi preoccupa è che nella violenza si possa vedere il modo di risolvere questioni che la politica non ha saputo o voluto affrontare e risolvere, i tunisini si trovano costretti a protestare violentemente perché inascoltati e rinchiusi in condizioni disumane, i lampedusani immaturi cadono nel tranello del governo e aizzati dalle dichiarazioni del sindaco trovano nella violenza non solo una valvola di sfogo ma un metodo per affermare una rabbia da troppo repressa, non per affermare idee, attenzione, perché nella testa di queste persone non credo ci siano idee chiare, ma per affermare una supremazia, un controllo del territorio, ed anche questo è tipico dell’agire mafioso. Dividere l'umanità è quello che i potenti da sempre cercano di attuare, facendo leva sulle paure e l'ignoranza, ed è quello che sta accadendo a Lampedusa, una massa stordita che crede che la risoluzione del problema sia uccidere i Tunisini e non fare arrivare più nessun migrante sull'isola. Da sempre è stato detto che il ruolo di Lampedusa rispetto all'immigrazione deve essere di primo soccorso e accoglienza che più di un numero di migranti Lampedusa non può accogliere, ma questo non è mai stato accolto dal governo, e oggi è il governo ad avere la prima colpa di quello che sta accadendo, dopo il governo vengono tutti quei lampedusani che si sono fatti trascinare in questa pozza di fango. Oggi abbiamo perso tutti, e abbiamo perso molto, Lampedusa che il posto che più amo in assoluto, oggi mi sembra come una casa da abbandonare, come un luogo senza più speranza, come un luogo destinato all'odio e alla violenza, un luogo dove l'egoismo e l'ignoranza hanno avuto la meglio, e questo viene da lontano, il solo fatto di avere un amministrazione con questo sindaco e con una vicesindaco leghista dice tanto, spero che i molti lampedusani che in passato hanno saputo dimostrare solidarietà non vengano travolti da tutta questa cattiveria, che ormai da troppo veniva alimentata. Spero che i ragazzi tunisini possano trovare un posto migliore dove vivere di Lampedusa e dell'Italia.
Non voglio rinunciare alla speranza di un mondo più giusto, non voglio rinunciare alla speranza di un dialogo tra i popoli, tra i più deboli tra gli ultimi, credo in assoluta che il primo sforzo di tutte le persone che hanno una coscienza maggiore sia quello di alimentare il dibattito non solo sull’immigrazione ma su tutto quello che sta accadendo nel mondo, di rimettere la scuola e la conoscenza al centro della vita della collettività, la conoscenza diretta per prima cosa, il dialogo come strumento e come fine il bene comune. Non di un popolo , non di una classe ma dell’umanità

Per questo chiediamo che vengano aboliti i CIE in Italia.
Che venga scritta una nuova legge sull’immigrazione e l’integrazione
Che le società civili europee e nord africane costruiscano una rete diretta per il dialogo e la cooperazione.
Che l’istruzione e la cultura vengano messe ai primi posti nelle agende politiche.

Con enorme sofferenza e speranza . Giacomo Sferlazzo un lampedusano.

mercoledì 31 agosto 2011

Non siamo ciechi

Da alcune settimane a Lampedusa la situazione dei migranti rinchiusi nei centri ed in particolare dei Tunisini si è aggravata, non sappiamo il numero esatto dei migranti che sono nei centri di Lampedusa ma di sicuro si è tornati ad un sovraffollamento e le condizioni di vita sono estreme, il solo fatto di non potere uscire dal centro pone questi uomini in una condizione mentale e fisica molto grave. Temiamo che i centri siano nuovamente diventati dei CIE e che ci sia la volontà come già successo, di rimpatriare i tunisini direttamente da Lampedusa, gli accordi stipulati con la Tunisia prevedono numeri molto bassi di rimpatri mensili, ribadiamo che siamo contro i respingimenti ed i rimpatri forzati perchè non garantiscono i diritti fondamentali di chi scappa da situazioni di pericolo e spesso di tortura dal proprio paese e che per noi non c'è distinzione tra la nazionalità tunisina e altre nazionalità, diciamo chiaramente che c'è un pericolo che si ritorni alla situazione venutasi a creare nei mesi scorsi a Lampedusa e che avvengano rivolte anche violente, specialmente se ci sono rimpatri e questi vengono effettuati nascondendo ai tunisini la destinazione dei loro trasferimenti, è successo che ad alcuni tunisini è stato detto che la loro destinazione di arrivo fosse Roma e poi sono invece stati portati in Tunisia, questi non appena arrivati a destinazione hanno avvisato i loro connazionali di quello che era successo e coloro che si trovavano nel centro di Lampedusa sono giustamente entrati in uno stato di agitazione. Alcuni lampedusani vorrebbero che non si parlasse di quello che sta accadendo pensando che la soluzione sia nascondere tutto e continuare con la stagione estiva, mentre già si prepara al centro di ponente la ex base Loran un CIE più grande che possa contenere molti tunisini, abbiamo l'impressione che la volontà del governo sia di fare di Lampedusa una grossa base militare che funzioni da piattaforma di detenzione ed espulsione per migliaia di giovani che hanno l'unica colpa di cercare in Europa qualcosa di migliore. L'Europa dovrebbe investire nei paesi africani con un etica che non ha mai avuto, cercando di far sviluppare veramente questi paesi e non sfruttandoli e permettendo agli amici dittatori di praticare torture, inoltre è bene ricordare che l'Italia è uno dei maggiori produttori di armi e che spesso queste vengono vendute a questi dittatori, Gheddafi ad esempio è stato armato dall'Italia, il nostro paese inoltre è coinvolto in numerose azioni di guerra in questi paesi. Non possiamo continuare a fare finta di non vedere niente, non vedere le colpe che l'occidente ha nei conflitti in Africa e in medioriente, non possiamo fare finta di non vedere gli affari che l'occidente ha fatto con molti dittatori, non possiamo fare finta di non vedere i respingimenti, le condizioni disumane in cui i migranti sono ridotti all'interno dei CIE, non possiamo fare finta di non vedere le politiche che il governo italiano sta attuando in materia di immigrazione, non possiamo fare finta di non vedere cosa il governo sta realizzando a Lampedusa, un enorme CIE militarizzato. Sull'isola si sta spostando l'attenzione sui danni prodotti dai mezzi d'informazione nei confronti del turismo, non fa niente se l'isola è militarizzata, se uomini vengono rinchiusi e torturati, l'importante e che non si veda niente, a furia di fare finta di non vedere stiamo diventando ciechi, l'unica cosa che qualcuno riesce a vedere è il proprio conto in banca, i propri interessi economici. La cosa tragica è che questo si va a inserire in un progetto più ampio che porterà noi lampedusani ad emigrare, perche se non si contrastano queste politiche disumane si avalla un comportamento dello stato che militarizza ed usa il territorio di Lampedusa come una enorme prigione senza diritti, difendere i diritti dei migranti significa difendere i nostri diritti. La nostra comunità deve fare uno sforzo e fare un ragionamento più ampio e riconoscersi in chi ha negata la libertà di spostarsi, la libertà di avere un lavoro, la libertà di farsi una famiglia, riconoscersi in chi non ha riconosciuta la dignità, i diritti fondamentali, ed è bene che noi lampedusani facciamo questo sforzo perche non esageriamo se diciamo che molto presto ci troveremo noi nella condizione di migrare per trovare una vita migliore, se il governo continuerà con queste politiche e la comunità internazionale non farà un cambio nelle politiche estere ed economiche, Lampedusa diventerà un posto invivibile, chiediamo quale siano le proposte per affrontare quello che sta accadendo, noi oggi abbiamo un enorme responsabilità, siamo testimoni di un enorme ingiustizia, siamo noi stessi vittime di queste ingiustizie, come pensate di reagire, facendo finta di non vedere, impedendo di fare filmati o foto, ammazzarli tutti come qualcuno ha detto quando i migranti sono scappati per fare un bagno, come ?
Anche se nessuno più parlasse di quello che sta accadendo a Lampedusa, pensate che oggi sia un posto dove potere vivere bene ? Si può convivere con tutto questo dolore ? Con tutta questa ingiustizia ?
Noi siamo contro i respingimenti, contro i CIE, pensiamo che l'apertura di un corridoio umanitario dalla Libia sia un primo passo per evitare tutte queste morti che avvengono nel mediterraneo e crediamo che uno sviluppo di Lampedusa non possa prescindere da un cambio delle politiche nazionali sull'immigrazione. Crediamo fortemente che la dignità umana e diritti universali siano valori fondamentali di cui non si può fare a meno. Non fare finta di niente e denunciare ciò che sta accadendo è un nostro dovere.

lunedì 22 agosto 2011

Rimpatri diretti in mare

Ieri pomeriggio, un paio di piccole imbarcazioni provenienti dalla Tunisia vengono soccorse in mare dalla Guardia di Finanza. Classico trasbordo con abbandono dell'imbarcazione Magrebina. Alle 5.30pm la barca della GdF entra nel porto con una trentina di persone a bordo, ma invece di attraccare, si accosta a un imbarcazione della Guardia Costiera, trasborda quattro o cinque persone che richiedono cure mediche, fa manovra e riprende la direzione del mare.
La prima cosa a cui abbiamo pensato, e' stato che la GdF stesse portando il resto del gruppo direttamente a Cala Pisana, dove c'era la Grimaldi attraccata. Sfortunatamente a Cala Pisana non c'era nessuno dei rimanenti membri dell'equipaggio. Dove li avevano portati? Il mistero della motovedetta della GdF e del suo equipaggio e' durato poche ore ed e' la stessa ANSA che ci rivela l'arcano.
Da indiscrezioni , gli uomini della GdF di Lampedusa avevano già l'ordine di consegnare il gruppo all'equipaggio della nave della Marina Militare Italiana - cosa che avevano fatto in passato - che generalmente portava i migranti a Taranto. Ieri era la prima volta – secondo le parole di un uomo della GdF – che l'imbarcazione militare avrebbe consegnato i cittadini Tunisini a una motovedetta del paese magrebino, per rimpatriarli. A quanto pare l'ordine e' arrivato dall' “alto” mentre i finanzieri erano in mare. Solo un "errore comunicativo" li ha riportati nel porto di Lampedusa, dove hanno potuto trasbordare il gruppo di persone che necessitava cure urgenti. Questo slancio di umanità li ha sicuramente esposti - nel bene e nel male - ma soprattutto ha svelato una strategia, quella del rimpatrio a mare, che il governo avrebbe probabilmente preferito mantenere nascosta, se non fosse stato per il l'obbligo di dover prestare soccorso a un piccolo gruppo di esseri umani. Che sia il biglietto da visita con cui tratteranno d'ora in poi tutti quelli che vengono dal Magreb, incluso la Libia, una volta che la situazione si ristabilisse ?

In caso foste curiosi eccovi alcuni links
http://www.ansa.it/web/notizie/collection/rubriche_cronaca/08/21/visualizza_new.html_753632014.html

http://www.lasiciliaweb.it/index.php?id=62590/cronaca/si-getta-in-mare-per-evitare-il-rimpatrio

martedì 2 agosto 2011

Nebrodi Art fest / Assemblea antirazzista giovedì 4 a Castell'Umberto

Lampedusa, tragedia su barcone immigrati: 25 morti
Lampedusa, tragedia su barcone immigrati: 25 morti


25 cadaveri sono stati ritrovati nella stiva del barcone. Questa la macabra scoperta fatta dai membri della Capitaneria di Porto nelle acque al largo di Lampedusa. In corso accertamenti per chiarire le cause dei decessi; si sospetta la morte per asfissia.

L’episodio è avvenuto a partire dalla serata di domenica 31 luglio, quando la Guardia Costiera ha ricevuto una richiesta di soccorso proveniente da un’imbarcazione che, al momento della chiamata, si trovava a circa 35 miglia al largo a Sud di Lampedusa. Sul posto, durante la notte, si sono quindi recati alcuni mezzi della Guardia di Finanza e della Capitaneria di Porto. Questi ultimi hanno quindi raggiunto il barcone dal quale era stato lanciato l’allarme. Si trattava di un natante di circa 15 metri di lunghezza, sul quale si trovavano a bordo circa 300 persone. I soccorritori hanno quindi cercato di “scortare” la barca, di provenienza libica, fino alla costa. Poco prima dell’arrivo a Lampedusa, però, il natante dei migranti ha subito un nuovo guasto, e si è di nuovo bloccato in balia del mare. I membri della Capitaneria di Porto hanno quindi deciso di trasferire i migranti dalla barca in avaria sui loro mezzi. Tali operazioni sono state compiute con successo ma, durante l’ultima ispezione, i soccorritori hanno effettuato la macabra scoperta. All’interno della stiva del barcone sono infatti stati rinvenuti i cadaveri di 25 persone. Secondo le prime indiscrezioni trapelate, si tratterebbe di tutti uomini, la maggior parte di giovane età.

Al termine delle operazioni di salvataggio, 271 persone sono state quindi salvate e trasportate a riva, mentre i 25 cadaveri sono stati trasferiti per essere sottoposti agli accertamenti del caso. A tal proposito, gli inquirenti dovranno stabilire le cause del decesso. Secondo alcune informazioni circolate, sui corpi non sarebbero stati riscontrati segni di violenze. In tal caso, prende corpo l’ipotesi della morte per asfissia: i 25 migranti sarebbero rimasti vittime a causa di una carenza di ossigeno dovuta al sovraffollamento del barcone. Tale ipotesi dovrà però essere verificata dagli accertamenti in corso.

http://www.dailyblog.it/lampedusa-tragedia-su-barcone-immigrati-25-morti/01/08/2011/
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Articolo 21 -Tensioni a Mineo: la protesta dei richiedenti asilo


di Natya Migliori

Ieri mattina, a Mineo, un gruppo di migranti perlopiù nigeriani ha presidiato pacificamente l'ingresso del CARA, in attesa delle Commissioni Territoriali per la richiesta di Protezione Internazionale che, ancora una volta, tardano ad arrivare.
“La protesta di ieri sulla Strada Statale per Mineo -sostiene Alfonso Di Stefano, portavoce della Rete Antirazzista Catanese- è stata dipinta come una sorta di “salita degli unni” ed accolta dai cittadini con saracinesche abbassate, strade deserte ed un clima di terrore. Una paura, ci risulta, fomentata anche dagli “avvertimenti” e dai “consigli” della polizia agli abitanti. Tutto ciò ha sortito l'effetto di creare ulteriori tensioni anche all'interno del Cara e di provocare l'ennesimo ritardo nelle pratiche per il rilascio del permesso. Facciamo appello alle popolazioni calatine a non farsi travolgere dalle psicosi xenofobe. Le giuste proteste dei richiedenti asilo sono causate dall'irresponsabile, clientelare e razzista gestione del Cara di Mineo.”
“L'Italia rappresentava per noi una speranza -sostiene F., libico, in rappresentanza del gruppo dei manifestanti- e ognuno di noi sta vedendo infranto questo sogno. Dall'Europa ci aspettavamo semplicemente un'accoglienza dignitosa e ci troviamo invece di fronte ad una fortezza inespugnabile. Riteniamo di essere vittime di discriminazione e chiediamo che venga riconosciuto lo status di rifugiato a quanti di noi provengono dalla Libia e da quei paesi in cui è in atto un conflitto che, come ogni guerra, produce profughi. Qui al campo non è possibile vivere dignitosamente. Il cibo è di pessima qualità, abbiamo difficoltà di comunicazione e carenza di mediatori culturali, per chi non ha i soldi per il bus non è possibile raggiungere il centro abitato, lontano 16 chilometri. Subiamo inoltre di continuo insulti da parte delle forze dell’ordine e di alcuni operatori. Ci chiamano “le scimmie nere”.”
“Il Cara di Mineo -aggiunge Di Stefano- non è il centro modello per richiedenti asilo, il fiore all’occhiello del governo italiano nel campo dell’accoglienza ai migranti. Al contrario è un luogo di sofferenza, dove quasi duemila richiedenti asilo vivono in una condizione di totale isolamento, nell’incertezza più assoluta sul proprio futuro. E’ necessario restituire condizioni di vita dignitose ai migranti di Mineo e chiudere il “Villaggio della solidarietà” in tempi rapidi.”

Ma le tensioni non finiscono qui. È in corso infatti questa mattina un sit-in del Silp Cgil e dei sindaci del calatino davanti all'ex “Residence degli Aranci”.

“Da tempo – ha dichiarato Maurizio Pizzimento, segretario del sindacato dei lavoratori di polizia- chiediamo alle autorità competenti di intraprendere i necessari interventi per evitare disordini e garantire un'adeguata sicurezza. Il rapporto tra polizia e immigrati è di 1 a 100. Questi uomini sono armati di bastoni e coltelli, hanno distrutto la mensa, hanno ferito alla mano anche un funzionario di polizia, hanno appiccato il fuoco danneggiando alcune auto, hanno bloccato la Statale 417 Catania-Gela. Chiediamo al ministro Roberto Maroni di intervenire immediatamente e di intraprendere azioni volte a riportare, in maniera efficace, la sicurezza nel Centro mediante un incremento del personale destinato alla vigilanza.”

“Non dimentichiamo -sostiene ancora il portavoce della Rete Antirazzista- che la manifestazione di ieri ha visto numerosi feriti fra i migranti: molti hanno ancora addosso i segni della repressione violenta e gli occhi arrossati per i lacrimogeni.
Continuiamo a sostenere che il CARA di Mineo non ha motivo di esistere se non per dipingere i richiedenti asilo, costretti a fuggire dai loro paesi, come un'emergenza nazionale tale da giustificare la militarizzazione del territorio e dello stesso Centro.
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Come Compagne e Compagni di tutte le comunità Rebeldi, abbiamo pensato di stilare questo breve comunicato per invitarvi alla seconda edizione del Nebrodi Art fest, il festival organizzato da Officina Rebelde Castellumberto, Carmina Solis, Amunì Palermo, Terrun Vybz Sound System e South Hash. Uniti, che avrà luogo i giorni 4-5-6-7 Agosto, a Castell’Umberto, in provincia di Messina. Il Festival prevede spazi di espressione artistica ed un nutrito programma di concerti, e di dibattiti ed assemblee politiche, con possibilità di campeggiare. Grazie alla spinta organizzativa e ideativa data da Officina Rebelde Castellumberto, ed al contributo dei nuclei di Catania e Siracusa, il programma dei dibattiti e delle assemblee, che avranno luogo in un apposito spazio coperto, attraverserà ogni giorno una tematica fondamentale. Si parlerà di migranti e di accoglienza, di mobilitazioni studentesche, di cosa vuol dire fare antimafia sociale, di come in Italia ci si organizza per difendere i beni comuni e salvare i territori dalle devastazioni ambientali. Dai Rebeldi delle montagne, dei Nebrodi, sofferenti per il dissesto idrogeologico, dall’entroterra siciliano non piegato alle logiche dello sfruttamento, del razzismo, dalle realtà antagoniste della Sicilia orientale, parte un appello ai singoli, alle associazioni del Sud, dei Sud dell’Italia e del mondo: valutiamo assieme le nostre resistenze, confrontiamole, coordiniamole, fondiamole, perché vincere il razzismo, la mafia, il neo liberismo e le sue crisi, costruire dal basso un mondo di diritti sociali ed eco-compatibile è giusto, è possibile, è necessario.

Saluti Rebeldi

Officina Rebelde Castell’Umberto

Officina Rebelde Catania

Officina Rebelde Siracusa

PROGRAMMA ASSEMBLEE E DIBATTITI, ( GLI INCONTRI SI TERRANNO NELL’AULA "CARLO GIULIANI" POCO DISTANTE DAI LUOGHI DI PERNOTTAMENTO)

Giovedì 4 agosto, ore 17.

Assemblea: “Dalle Primavere Arabe alle rivolte nel CARA di Mineo. Migranti: per una reale società interculturale”

Interverranno:

Giorgia Listì -Comitato Antirazzista Cobas Palermo

Laura Verduci -Terres de Hommes

Alfonso Di Stefano -Rete Antirazzista Catanese

Alberto Lombardo -Cobas Palermo

Askavusa -Lampedusa (tramite skype)

Maria Giovanna Italia -Arci Catania

Borderline Sicilia

InsùTv Napoli

Venerdì 5 agosto, ore 17

Work-shop:“Il movimento studentesco 2010: Pratiche e prospettive di un’opposizione reale”

interverranno:

Matteo Ianniti – Movimento Studentesco Catanese

Luciano Governali – Atenei in Rivolta “La Sapienza”

Giorgio Martinico - Collettivo Universitario Autonomo Palermo

Ludovica Ioppolo – ADI Roma

Sabato 6 agosto, ore 17

Convegno

“Antimafia e Territorio”

Relatori:

Claudio La Camera -Coordinatore Generale del Museo della Ndrangheta Reggio Calabria

Alessandro Pruiti Ciarello -Sindaco di Castell’Umberto

Roberto Compagno - Radio Aut

Dario Pruiti – Rappresentante Arci Carovana Internazionale Antimafia

Domenica 7 agosto, IN MATTINATA

Assemblea: “Territorio e Beni Comuni”

Interverranno:

Sara Vegni – Comitato 3 e 32 L’Aquila

Federico Galletta -Militante Officina Rebelde Catania

Danilo Pulvirenti – Comitato per l’Acqua Pubblica Catania

Officina Rebelde Castell’Umberto

PERNOTTAMENTO: 5 EURO, DOCCE E BAGNI GARANTITI

CONTATTI:

Official Mail:

Nebrodiartfest@hotmail.it

Nebrodiartfest@gmail.com

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Nebrodi Art Fest

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lunedì 11 luglio 2011

COMUNICATO STAMPA

Da molte settimane a Lampedusa, nei pressi dell'ex base Loran, oggi centro per migranti, di cui non si capisce bene di che tipo, se: C.P.S.A., C.P.T., C.I.E. o altro, sono rinchiusi circa duecento minori non accompagnati,questi ragazzi sono in stato di detenzione senza avere commesso reato, sono rinchiusi senza la possibilità di uscire neanche per qualche ora. Alcuni hanno sollevato spesso il problema e le risposte ufficiali sono che in Italia i posti per minori sono tutti pieni. In questo ultimo mese a Lampedusa sono sbarcate tanti nuclei familiari, tanti bambini piccoli, questi vengono portati in altre zone d'Italia in modo veloce, ma in posti dove la parola accoglienza è veramente un eufemismo. Purtroppo le autorità competenti non stanno prendendo in considerazione alcune proposte fatte per quanto riguarda l'accoglienza quella vera, quella che funziona, un esempio emblematico è il caso di Riace, il piccolo comune della Locride dove il sindaco Domenico Lucano è riuscito insieme ai suoi collaboratori a far diventare un piccolo borgo disabitato un villaggio multietnico, dove convivono Kurdi,Palestinesi, Etiopi, Nigeriani e genti di molte altre nazioni.
Questo progetto a cui poi si sono accodati altri piccoli comuni vicini come Caulonia, funziona da molti anni ed ha dimostrato come sia possibile con gli stessi fondi stanziati dal governo per rinchiudere in posti invivibili e senza prospettive i migranti, creare sviluppo e veri e propri laboratori di convivenza.
In questi giorni il sindaco di Riace Domenico Lucano ha proposto di accogliere 130 migranti, ma a quanto pare ha ricevuto risposta negativa da parte delle autorità che sembrano volere continuare ancora sulla linea dura, senza accorgersi di stare perdendo un enorme possibilità, quella di arrivare prima di altri paesi a quello che sarà l'inevitabile futuro dell'Europa. Anche il sindaco di Acquaformosa un piccolo comune di cultura arbresh in provincia di Cosenza, Giovanni Mannoccio, che ha messo a disposizione 50 posti nel suo comune. Crediamo che l'esperienza di Riace e Caulonia siano ripetibili e che hanno dimostrato di portare ricchezza umana, culturale ed economica e che debbano essere messe in condizione di potere operare la propria “Vocazione” soprattutto in momenti cosi critici come quello attuale, in cui servono luoghi in cui le persone possano vivere e costruire la propria vita insieme ad altre persone e non essere rinchiusi in posti in cui la vita spesso diventa invivibile.
A tale proposito chiediamo che i minori rinchiusi alla Loran fino a quando non avranno trovato una degna sistemazione, possano uscire dal centro e che chi voglia andare a trovarli e fare qualche attività con loro abbia la possibilità di farlo, inoltre chiediamo che la richiesta delle varie realtà che mettono a disposizione posti, competenze ed esperienze vengono accolte e supportate da chi di dovere.
Sappiamo bene che i minori hanno una condizione particolare e che non possono essere accolti in qualsiasi tipo di struttura, pensiamo che dove esiste la volontà di accogliere si costruiscano le condizioni per farlo nei modi in cui la legge prevede, sappiamo anche che la gestione di questi flussi migratori è complessa e che ci sono molte cose da non sottovalutare ma riteniamo che alcune situazione, come quella dei minori alla “Ex base Loran” siano inaccettabili e si debba fare di tutto per risolverle nel minore tempo possibile, intanto se si migliorassero le condizioni di vita di questi ragazzi che ripeto , vivono una condizione carceraria senza avere commesso alcun reato, avremmo meno cose di cui vergognarci.

sabato 2 luglio 2011

Dalla Valle si Susa. NO TAV.

Il piazzale della Maddalena, a Chiomonte, dove da alcune settimane si era insediato un –presidio- con tanto di campeggio, cucina da campo, lungo tavolo per mangiare, tendone per incontri pubblici, area giochi per bimbi ecc (ormai il movimento notav ha acquisto una professionalità..), aveva il compito di impedire l’apertura del cantiere. Un luogo a ottocento metri di altitudine, fra coltivazioni di lavanda e vigneti i più alti d’Europa (e questo aveva fatto scendere in campo, a difesa, due anni fa, Gérard Depardieu). Alla Maddalena c’è anche una cascina ristrutturata da poco dalla Comunità Montana e sede del Museo che raccoglie reperti dal Neolitico alla seconda età del ferro. In zona anche la famosa galleria scavata nel 1533 dal maestro minatore Colombano Romean che ha accettato la sfida di scavare da solo la galleria della Thullie per portare l’acqua al paese. L’incredibile storia è stata raccontata da Alessandro Perissinotto “La canzone di Colombano” per i tipi di Sellerio. (diventato un best seller).

Qui racconto un’altra storia, quella di migliaia di persone salite alla Maddalena per evitare lo sgombero del cantiere. La sera, domenica 26 giugno, era stata lanciata all’ultimo, con il solito tam tam, sms e facebook, una fiaccolata alla quale avevano risposto sei/settemila persone. Sono rimaste lassù fino a mezzanotte poi molti son tornati a casa per problemi di lavoro e sul sito siamo rimasti comunque in tanti, mille, millecinque. La notte trascorsa ad aspettare con l’ansia che saliva saliva. Con noi moltissimi giornalisti e Tv, e questo faceva appunto pensare che era la notte giusta, in molti ci auguravamo che non rimandassero perché (anche per problemi logistici) cominciava a diventare pesante essere sempre all’erta, pronti a mollare tutto e a dirigersi alla Maddalena.
Impossibile raccontare tutto, vado per flash. La sensazione permanente è sempre stata quella di –irrealtà- totale.
E’ quasi l’alba.
Come previsto per segnalare a tutte le persone presenti nell’area l’avvicinarsi della colonna di polizia, finanza e carabinieri vengono sparati dei fuochi artificiali. Bellissimi, colorati. Irreali- perché non annunciavano “festa”.

Irreale erano le raccomandazioni che echeggiavano dalla gente sul piazzale, ai ragazzi o ai giornalisti: “non calpestate la lavandaaaa”, (in un clima tesissimo con le ruspe e i poliziotti che stavano salendo).

Irreale era la luce, il sorgere del sole, sulle montagne, confine francese

Completamente irreale era la musica della radio, sintonizzata su un programma di buongiorno mattino che continuava a trasmetteva canzonette… mentre i poliziotti, caschi blu, maschere antigas, scudi e manganelli avanzavano per sgomberare

Irreale era la muraglia di persone di tutte le età appesa alle griglie per opporsi con il proprio corpo alla ruspa che avanzava. Persone che non avevano certo l’attitudine a questo genere di cose, eppure, determinati.

Irreale è stata la performance in un silenzio apocalittico del nonviolento pacifista Turi Vaccaro (presente fin da Cosimo), e abituato a girare a piedi l’Europa, il quale ad un certo punto è andato incontro alle truppe, scalzo e con le mani alzate, brandendo una treccia d’aglio e con questa “benediva” i poliziotti. Poi si è fermato e si è messo a fare yoga. (ovviamente l’hanno impacchettato subito)

Irreale era la “tenuta” sul piazzale, le parole da guerriglia: “ci attaccano”, “attenti ai lacrimogeni”, la decisione comune di “indietreggiare” lasciare il campo mentre il primo sole del mattino evidenziava le vigne inondate dai gas lacrimogeni.

E poi su a scappare per la montagna
Con i poliziotti dietro che menavano su chi si inciampava, chi cadeva.
Una ritirata farsesca, in alcuni momenti tragica, gente che stava male, che vomitava, che non ce la faceva a salire nel bosco, trecento metri di dislivello per una boschina non facile, a volte ressa, ammassati uno contro l’altro.
I lacrimogeni sparati dentro al bosco in modo che scappando, scappando, pensavi di esserti allontanato e invece ti ritrovavi dentro alla nube.

Dopo oltre un’ora siamo usciti sul colle, a La Ramat e la gente che abita la frazione ci è venuta in soccorso con acqua e pane per superare la nausea.

Il giorno dopo i giornali hanno titolato: “guerriglia” e posto liberato.
Hanno scritto che eravamo un centinaio e avevamo ferito ottanta poliziotti (potenza!!)
Non hanno parlato delle tagliole per cinghiali, sparse nelle vigne, dove i poliziotti sono finiti dentro…

Una cinquantina di tende rimaste alla Maddalena sono state tagliate e i poliziotti ci hanno pisciato sopra e in alcuni casi anche cagato.

Martedì sera in ventiquattrore è stata lanciata una nuova fiaccolata a Susa e hanno risposto ventimila persone.

La sera di martedì c’è stata la nascita di una bimba, i genitori notav l’hanno voluta chiamare Maria Maddalena. Questa nascita è diventata il simbolo della vita per tutti.

Domani manifestazione nazionale a Chiomonte. Il Tam tam “Raggiungiamo il quorum anche in valle di Susa”.

Riceviamo e rigiriamo: urgente su Freedom Flotilla Il Mediterraneo non è proprietà di Israele

Riceviamo e rigiriamo: urgente su Freedom Flotilla

Il Mediterraneo non è proprietà di Israele

La nave Statunitense “Audacity of Hope” ha deciso di tenere fede al proprio nome ed è salpata, per essere bloccata dopo un quarto d'ora di navigazione dalle autorità portuali greche che hanno intimato agli attivisti di tornare in porto ad Atene minacciando l'equipaggio ed i passeggeri con le armi. Stesso tentativo e stesso esito per la nave canadese Taharir. Intanto una nota del Ministero per la sicurezza interna greco mostra tutta la subalternità del governo di Papandreou alle politiche israeliane, dichiarando che la Grecia vieta alle barche della Freedom Flotilla 2 di salpare per Gaza. Nel mare greco, in queste ore, si sta giocando un vero e proprio braccio di ferro tra i sostenitori del diritto internazionale e quelli del diritto di Israele, diritti che come è dimostrato sin dalla nascita dello Stato di Israele non fanno che confliggere. Come ignora Gianni Letta che risponde alla sollecitazione della Freedom Flotilla Italia con un comunicato dove dice che non è in grado di garantire la sicurezza degli italiani diretti a Gaza “…trattandosi di iniziative in violazione della vigente normativa israeliana”. “Non immaginavamo che tutto il Mediterraneo fosse proprietà di Israele” hanno commentato dalla FF2 gli attivisti internazionali determinati a portare a termine la missione, non solo umanitaria, ma soprattutto politica di fare approdare le navi a Gaza. L’obiettivo è quello di rompere un assedio che si protrae da troppo tempo ai danni di una popolazione che subisce una punizione collettiva, laddove sono proprio il diritto internazionale, le convenzioni e i trattati, nati per salvaguardare le popolazioni oppresse, ad affermare che tutto questo oltre a essere inumano, è fuorilegge.

MOBILITIAMOCI PER FARE PRESSIONE SUL GOVERNO GRECO

Freedom Flotilla Italia indice un presidio davanti all’Ambasciata greca in Via Mercadante a Roma

Lunedì 4 luglio alle 17,00 e invita alla mobilitazione in tutta Italia

Invitiamo tutte e tutti a scrivere all’ambasciata di Grecia in Italia, all’indirizzo gremroma@tin.it, a telefonare al n. 06-8537551 e ad inviare fax al n. 06-8415927.
Per adesioni: roma@freedomflotilla.it
Contatti: 333/5601759 - 338/1521278

sabato 25 giugno 2011

Pedalando sul confine

Lampedusa, e i suoi 22km2 si macinano velocemente su due ruote. Quello che si vede, sfrecciando, e' un isola placida e calma, che entra in punta di piedi nella sua stagione estiva, fatta di turisti, spiagge e cale...proprio come vorrebbe la tradizione. Una cartolina di normalità, con sfondo imbarcazione, tipo bateaux mouche, brulicante di passeggeri...peccato che la compagnia non e' la Siremar e il volto che si vede sporgere dal ponte superiore non e' quello di un caucasico turista, ma di un africano sorridente.

Questa e' la routine per chi non fa vita da piaggia come noi. Il cellulare in borsa squilla, “O scia', dicono che sta arrivando una barca giu al porto...parlano di 800 sub-sahariani, tutti provenienti dalla Libia”. “Ok, andiamo. Passa qua che scendiamo assieme”. Abbandoni la sede di Askavusa, senza spostare niente, senza spegnere i portatili, lasciando solo un veloce messaggi sulla skype chat del festival agli amici, che di fronte ai loro computer sul continente, lavorano “sbarco di 800. Ci sentiamo piu tardi”.
Lo sai gia che le comunicazioni si interromperanno per almeno due o tre ore, perche per uno sbarco di questo tipo, ci vuole molte tempo. Pedalando verso lo sbarcatoio pensi a quello che ti puo aspettare: l'ingresso negato al porto, i sorrisi di complicità con gli operatori amici delle ONG che aspettano e quelli un po' meno complici con i poliziotti, ma soprattutto la Porta d'Europa.
Dalla costa si vede il barcone ondeggiare lentamente, circondato dalle imbarcazioni della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera. Lo vedi procede lentamente attraverso le lenti dello zoom della camera. L'audio e' chiaro e nitido. I suoni trasportati dal vento portano pianti di bambini, voci di donne e lo scricchiolio dei legni. La barca si avvicina e ti avvicini pure tu -di soppiatto- non facendoti notare dalle forze dell'ordine, che impegnate nella fase di attracco, non seguono più i tuoi movimenti sulla collina a ridosso del molo.

Uno scatto, poi un altro, poi uno ancora. Alzi lo sguardo e i volti che poco prima vedevi attraverso l'obbiettivo sono li' di fronte a te. La Plimsoll line, linea che marca il riempimento di una imbarcazione, non si vede nemmeno sulla chiglia. Il ponte inferiore sparisce a livello del molo. Sbucano solo le teste delle persone che lo occupano. L'imbarcazione e' in pericoloso equilibrio. I passeggeri vorrebbero scendere tutti assieme, all'unisono, mentre gli agenti corrono su e giu per la banchina gridando “sit down, sit down”. Calmi si siedono, aspettando il loro turno per scendere.
Donne, bambini, intere famiglie che poco a poco riempiono l'area di fronte alla stazione marittima. Stanchi, ma contenti di essere arrivati a destinazione, si guardano attorno con facce inquisitorie. Nigeria, Eritrea, Liberia, ma anche Pakistan e Bangladesh siedono su 5m2 di cemento del porto. Bevono e si rilassano, prima di essere trasportati al centro. Scende la sera e gli occhi fanno quasi male, costantemente tenuti sotto sforzo nel catturano volti attraverso l'apparato digitale. Prendiamo note, scambiamo quattro parole con gli informatori fedeli e infiltrati...ma ormai siamo troppo visibili e la polizia ci allontana mentre ancora prendiamo appunti, e cerchiamo di stabilire contatti con la moltitudine identificata come sub-sahariani.

Ci sarebbero milioni di cose da dire, come le storie dei famigliari che scendono dall'Europa per rivedere e recuperare i loro figli, fratelli e mariti, ma non c'e' abbastanza tempo per raccontarvi tutto. Quello di oggi e' la storia dell'ultimo grosso sbarco a Lampedusa, una routine di cui siamo testimoni e che abbiamo deciso di raccontarvi per rendervi parte del nostro vissuto.

venerdì 24 giugno 2011

No TAV, L'isola dei conigli, l'Italia e Lampedusa.

No TAV, L'isola dei conigli, l'Italia e Lampedusa.

Ieri sono andato all'isola dei conigli, era un pò che non scendevo giù a farmi un bagno, sono stato con la mia famiglia, mi sono accortoe dell'enorme fortuna che ho a vivere in un posto cosi bello, magico, spirituale, ci sono zone di quest'isola che tolgono il fiato , ti lasciano sospeso, come se si entrasse direttamente in contatto con le forze più arcaiche dell'universo e della nostra anima, ma poi facendomi un giro e guardando bene , mi sono accorto che in alcune calette è stata portata della sabbia di cava, per mettere ombrelloni e lettini, praticamente in ogni cala ci sono lettini e ombrelloni e chioschi, l'unica ad essere rimasta a misura di natura e quindi umanizzata ed umanizzante, è l'isola dei conigli, e qualche altra spiaggia come Cala Galera, ma che non ha la stessa bellezza, d'altronde l'isola dei conigli è uno dei paesaggi più belli in assoluto al mondo.Se si va sulla strada panoramica c'è un altro paesaggio da perdere la testa, una bellezza inaudita, un paesaggio spirituale a tutti gli effetti, un deserto mistico fatto di pietre e muretti a secco, di piccole pinte e del suono incessante dei grilli, per me è come entrare nella parte mistica del mondo, ma anche qui i segni dell'uomo cominciano a farsi sentire, molte case sono saltate fuori come funghi, e l'impressione che altre ne nasceranno, compromettendo per sempre un patrimonio comune e universale difficile da stimare e quantificare, addirittura qualcuno ha delimitato con dei blocchetti di cemento un aerea enorme di molti metri quadrati. Forse qualcuno ha la percezione di lampedusa come isola illimitata dove si può costruire all'infinito e ovunque.
A questo proposito ringrazio il lavoro che la legambiente Lampedusa da anni fa, andando incontro a minacce ad isolamento e denigrazioni, questo perche ha difeso negli anni il bene comune e non quello di qualche privato, ed è questa la differenza fondamentale, chi ha interesse a sostenere tutti quei beni comuni, come il paesaggio, la natura, la salute, l'istruzione, le spiagge, e vede in queste risorse da valorizzare e mantenere in condizioni ottimali un valore da condividere e non una risorsa da sfruttare per ricavarne un guadagno, chi aggisce nella legalità e vede in questa un faro, una bussola, che evidentemente non è infallibile, ma ha nella sua modificabilità con metodi democratici il suo essere perfettibile, chi lavoro per molti e non per i pochi , in questo momento in Italia viene visto male, viene minacciato e alcune volte isolato. C'è una cosa da capire tanti interessi privati non fanno il bene pubblico, anzi sono la distruzione del bene pubblico, e a maggior rsaggione in una situazione di illegalità diffusa come quella lampedusana.Per certi versi è emblematico quello che sta accadendo in Valle di Susa, dove i cittadini di quella valle si stanno opponendo ad un opera dannosa per tutti, per il Piemonte, per l'Italia, per il mondo, e questi cittadini sono un modello di democrazia , di partecipazione, di consapevolezza della cosa pubblica, di lotta contro l'interesse privato che troppo spesso distrugge, inquina, avvilisce, in nome del "Lavoro" che troppo spesso è sfruttamento, in nome di un "Guadagno" che troppo spesso è furto.
Bisogna sostenere la legalità, il paesaggio, la natura, il benessere, la partecipazione politica di tutti, e cosa fondamentale marcare le differenze, tra chi mette al primo posto il profitto e lo sfruttamento del territorio, la corruzione intellettuale e economica e chi invece vuole portare il posto in cui vive ad una condizione migliore per tutti e non cede all'illusione che tutto si risolva con un conto in banca più grande.

Giacomo Sferlazzo.





I PRESIDIANTI NO TAV DELLA MADDALENA DI CHIOMONTE DIFENDONO LA LEGALITA’


Spieghiamo perché, chiarendo una volta per tutte che non si oppongono solamente ad un’opera inutile ma anche ad una procedura autorizzativa che secondo noi non rispetta le vigenti leggi.
Altri e più complessi discorsi sono quelli sul modello di sviluppo, sull’autodeterminazione delle popolazioni, sull’evidente inutilità dell’opera, sui suoi costi economici insostenibili per il nostro Paese, sui motivi per cui grandi partiti e grossi industriali vorrebbero ristabilire il loro potere a forza di carabinieri e polizia in tenuta antisommossa.
Presto qualcuno potrebbe farsi male alla Maddalena, conosciamo i metodi imposti alle forze dell’ordine, già sperimentati al Seghino, a Venaus, alla stazione di Avigliana in occasione della protesta antinucleare. I presidianti della Maddalena sanno a cosa vanno incontro, e conoscono bene quali sono i motivi che li obbligano a presidiare. Molti cittadini però probabilmente non sanno che costoro presidiano anche la legalità. In questo senso sono persone speciali. Utilizzano la non violenza, la comunicazione, il dialogo, perfino la preghiera, eppure sono descritti come pericolosi antagonisti. A cosa si oppongono specificatamente in quel di La Maddalena?


IL CIPE ha approvato il progetto di una galleria di servizio di 6.30 metri di diametro, con occupazioni temporanee e sistemazione dei luoghi occupati a fine cantiere, ma se iniziassero i lavori si realizzerebbe una galleria di servizio di 9 metri di diametro, con occupazione permanente dei territori: quindi un’opera del tutto difforme da quella autorizzata, che non ha assolutamente le caratteristiche di “cunicolo esplorativo”.
Di conseguenza la procedura VIA sull’opera autorizzata non rispecchia la realtà dell’opera che si vorrebbe iniziare.

Inoltre lo spezzettamento del progetto da Settimo Torinese a Lyon in tre diverse parti, con diverse procedure VIA non cumulative e la suddivisione ulteriore della procedura VIA per la parte internazionale in altre due parti (cunicolo e tunnel di base anche in questo caso non considerate come somma degli impatti), peggiora la possibilità di intuire la situazione reale di impatto ambientale, compromettendo la regolarità di tutta la procedura autorizzativa.
Va anche detto che l’impatto di una galleria geognostica eventualmente sommato a quello del tunnel è ben diverso dall’impatto di un tunnel sommato ad una sua ulteriore galleria di servizio che è l’opera che in realtà realizzare.

Se si fosse voluto agire correttamente si sarebbe dovuto realizzare un’unica procedura di VIA riguardante l’intera linea ad AV/AC da Torino a Lione, o almeno complessiva su tutto il territorio italiano. Non lo hanno voluto fare, forse perché gli impatti cumulativi avrebbero obbligato a rinunciare all’opera. Per lo stesso motivo probabilmente non è mai stata considerata l’opzione zero.

In questo discorso tecnico che la nostra redazione Vi sottopone è esclusa la questione del rapporto Costi/Benefici dell’opera che volutamente non è mai stato affrontato dai proponenti in modo serio e scientifico, meno che mai sul lungo periodo o considerando i reali flussi di traffici. In sostanza, non risulta in alcun modo il beneficio di ordine sociale ed economico proveniente dalla realizzazione del cunicolo, e di conseguenza non è stato possibile per i proponenti dimostrare che il beneficio risulti superiore al valore della perdita eco sistemica provocata dalla sua realizzazione.

Dunque adesso tutti comprenderanno che l’intervento progettato da LTF e sottoposto in data 17 maggio 2010 a VIA non è un cunicolo geognostico, bensì, una vera e propria discenderia a servizio del cantiere del tunnel ed alla sicurezza della linea in progetto.

Ad ulteriore conferma dell’illogicità e carenza istruttoria che affliggono la delibera autorizzativa CIPE, si annota il numero e la portata delle prescrizioni della Regione e del CIPE stesso, che in pratica sono l’ammissione della superficialità degli studi effettuati, il che comporta una mancanza di tutela preventiva dell'interesse pubblico e ambientale, con conseguenze sociali ed economiche incalcolabili.
Non si può poi tacere l’affermazione provata da atti scritti dagli assessorati trasporti ed ambiente della Regione Piemonte secondo cui il “cunicolo esplorativo” ha anche l’utilità di consentire di sperimentare la cosiddetta “Talpa” poiché nelle montagne del massiccio d’Ambin non è mai stata utilizza neppure per le discenderie francesi. Dunque siamo ad una primordiale sperimentazione, alla faccia dei proclami sulla fattibilità dell’opera, sui tempi di cantiere, e sulla valutazione attendibile dei costi economici, tutti caricati sulla collettività, poiché anche il contributo europeo deriva da tasse pagate dai nostri cittadini.

Una delle dimostrazioni più lampanti che la progettazione è sommaria ed incompleta è che nell’asseverazione dei costi del 21 ottobre 2009, sottoscritta dal Presidente e legale rappresentante Raulin Patrice Raymond, si dichiara che il valore delle opere è pari a € 164.342.457,74, mentre nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, sottoscritta dall’Arch. Pietro Romani, in qualità di coordinatore e responsabile scientifico dello SIA, relativo alla Maddalena, si legge che il valore delle opere desumibile dai progetti è pari ad € 165.050.534,54. Si tratta di 700.000 Euro di differenza che chiariscono l’approssimazione dei costi, dei progetti, e dei responsabili legali di quest’opera.

L’affidamento a CMC della realizzazione del cunicolo di Maddalena “in sostituzione di altra opera definita dai progettisti “paritetica”, quale il cunicolo di Venaus definendo i lavori a Maddalena di Chiomonte una “variante tecnica”, rispetto a Venaus risulta in effetti null’altro che un escamotage per eludere l’obbligo di una nuova gara a livello europeo e contemporaneamente, a distanza di 5 anni, evitare il pagamento delle penali dovute alla CMC per la mancata realizzazione del primo cunicolo.
Abbiamo già spiegato che i due cunicoli progettati, quello di Venaus e di Maddalena hanno caratteristiche, ubicazioni, pendenze, impianti, del tutto difformi. Infatti, anche l’importo dei contratti relativi sono diversi: il “cunicolo geognostico” di Venaus costava 84.342.414,21 euro, mentre quello di Maddalena, sempre a preventivo, costerebbe il doppio: 164.342.457,74 euro. Dire che si tratta della stessa opera è tentare di prendere in giro i contribuenti italiani ed in particolare quelli valsusini che conoscono benissimo il territorio ed il valore dei propri risparmi.

Come se non bastasse abbiamo annotato che a fronte di una valutazione positiva del progetto da parte del CIPE, per La Maddalena sono presenti tali e tante prescrizioni, spesso contraddittorie tra di loro, da delegittimare nei fatti tale valutazione dei costi e le autorizzazioni del CIPE stesso. In questo senso sia la Comunità Montana che le associazioni ambientaliste hanno preparato le loro osservazioni ed i vari ricorsi legali. Se non lo avessero fatto sarebbero risultati complici di una potenziale ed enorme truffa ai danni dello Stato!
D’altra parte le stesse prescrizioni imposte dal CIPE paiono fungere, in realtà, quali necessarie integrazioni ad un progetto incompleto al fine di renderlo approvabile in una fase successiva alla presentazione stessa, con prescrizioni peraltro basate in parte su studi mai realizzati e che nel caso lo fossero abbisognerebbero di anni di indagini approfondite. Questa procedura prescrittiva da parte del CIPE rischia peraltro di delegare alla fase esecutiva attività proprie della progettazione definitiva. Insomma il progetto è e resta incompleto e la procedura autorizzativa utilizzata non rispetta la legge italiana e comunitaria.

Il CIPE tra l’altro non ha neppure tenuto conto della modifica normativa introdotta nel 2010 riguardante le norme sulle terre di scavo. Ciò è particolarmente grave dal momento che nello stesso testo delle prescrizioni si legge, senza alcun margine di dubbio, come all’interno della galleria geognostica, siano rinvenibili materiali radioattivi e/o contaminati da uranio, unitamente a smarino con possibile presenza di amianto.

Queste sono alcune sintetiche ragioni per cui riteniamo che i presidianti compiano un’azione di civile protesta, peraltro su terreni privati, con accesso da strade private, autorizzati in questo dai proprietari stessi, mentre gli amministratori pubblici che frequentano ed appoggiano i presidianti svolgono a pieno titolo il loro ruolo, lo stesso stanno facendo i proprietari delle proprietà attraverso le procedure di ricorso legale all’occupazione dei terreni.
Qualcuno, non informato sulla realtà dei fatti o interessato ad aprire il rubinetto dei finanziamenti pubblici di una futura Salerno Reggio Calabria quello che in questa nota chiariamo potrà anche non piacere, ma la realtà non si cambia con gli slogan e le denigrazioni, meno che mai facendo finta di ignorare la verità. La redazione del nostro sito non può far altro perciò, ancora una volta, che ringraziare sentitamente tutti coloro che nel segno della non violenza, della determinazione e del rispetto delle idee altrui pretende che anche le proprie siano rispettate, insieme alle leggi di questa nostra Italia.

Valle di Susa, 23 giugno 2011


La redazione: Ambiente Valsusa

Scrivi a: info@ambientevalsusa.it

domenica 12 giugno 2011

giovedì 12 maggio 2011

L'apertura di un corridoio umanitario è l'unica soluzione

L'apertura di un corridoio umanitario è l'unica soluzione

Come europei, italiani e lampedusani, non possiamo restare a guardare in silenzio le tragedie del mare che si ripetono con drammatica ciclicità. Abbandonare i rifugiati e i profughi africani al loro destino significa lasciare loro come unica via d'uscita quella di rischiare la vita su carrette del mare.
 
Lanciamo un appello urgente per l’immediata evacuazione dei rifugiati provenienti dall’Africa Sub-Sahariana e in particolare dal Corno d’Africa che si trovano intrappolati in Libia e minacciati da tutte le parti in conflitto, così come per quelli che hanno già raggiunto il confine Libico-Tunisino e che non hanno possibilità di ottenere un'effettiva protezione in Tunisia.

L’Europa non dovrebbe continuare ad essere silente perché il silenzio può diventare complicità. Essa dovrebbe invece promuovere uno sforzo congiunto tra i Paesi membri dell’Unione per organizzare l'evacuazione e il trasferimento verso i propri territori, ciò che permetterebbe anche di superare la costante (e provocata) emergenza sull'isola di Lampedusa, strutturalmente non in grado di gestire in modo soddisfacente le necessità di migliaia di profughi.

lunedì 9 maggio 2011

Peppino

9 maggio 1978 Peppino Impastato veniva barbaramente ucciso dalla mafia.

Nasce a Cinisi il 5 gennaio 1948 da Felicia Bartolotta e Luigi Impastato. La famiglia Impastato è bene inserita negli ambienti mafiosi locali: si noti che una sorella di Luigi ha sposato il capomafia Cesare Manzella, considerato uno dei boss che individuarono nei traffici di droga il nuovo terreno di accumulazione di denaro. Frequenta il Liceo Classico di Partinico ed appartiene a quegli anni il suo avvicinamento alla politica, particolarmente al PSIUP, formazione politica nata dopo l'ingresso del PSI nei governi di centro-sinistra. Assieme ad altri giovani fonda un giornale, "L'Idea socialista" che, dopo alcuni numeri, sarà sequestrato: di particolare interesse un servizio di Peppino sulla "Marcia della protesta e della pace" organizzata da Danilo Dolci nel marzo del 1967: il rapporto con Danilo, sia pure episodico, lascia un notevole segno nella formazione politica di Peppino. In una breve nota biografica Peppino scrive:

"Arrivai alla politica nel lontano novembre del '65, su basi puramente emozionali: a partire cioè da una mia esigenza di reagire ad una condizione familiare ormai divenuta insostenibile. Mio padre, capo del piccolo clan e membro di un clan più vasto, con connotati ideologici tipici di una civiltà tardo-contadina e preindustriale, aveva concentrato tutti i suoi sforzi, sin dalla mia nascita, nel tentativo di impormi le sue scelte e il suo codice comportamentale. E' riuscito soltanto a tagliarmi ogni canale di comunicazione affettiva e compromettere definitivamente ogni possibilità di espansione lineare della mia soggettività. Approdai al PSIUP con la rabbia e la disperazione di chi, al tempo stesso, vuole rompere tutto e cerca protezione. Creammo un forte nucleo giovanile, fondammo un giornale e un movimento d'opinione, finimmo in tribunale e su tutti i giornali. Lasciai il PSIUP due anni dopo, quando d'autorità fu sciolta la Federazione Giovanile. Erano i tempi della rivoluzione culturale e del "Che". Il '68 mi prese quasi alla sprovvista. Partecipai disordinatamente alle lotte studentesche e alle prime occupazioni. Poi l'adesione, ancora na volta su un piano più emozionale che politico, alle tesi di uno dei tanti gruppi marxisti-leninisti, la Lega. Le lotte di Punta Raisi e lo straordinario movimento di massa che si è riusciti a costruirvi attorno. E' stato anche un periodo, delle dispute sul partito e sulla concezione e costruzione del partito: un momento di straordinario e affascinante processo di approfondimento teorico. Alla fine di quell'anno l'adesione ad uno dei due tronconi, quello maggioritario, del PCD'I ml.- il bisogno di un minimo di struttura organizzativa alle spalle (bisogno di protezione ), è stato molto forte. Passavo, con continuità ininterrotta da fasi di cupa disperazione a momenti di autentica esaltazione e capacità creativa: la costruzione di un vastissimo movimento d'opinione a livello giovanile, il proliferare delle sedi di partito nella zona, le prime esperienze di lotta di quartiere, stavano lì a dimostrarlo. Ma io mi allontanavo sempre più dalla realtà, diventava sempre più difficile stabilire un rapporto lineare col mondo esterno, mi racchiudevo sempre più in me stesso. Mi caratterizzava sempre più una grande paura di tutto e di tutti e al tempo stesso una voglia quasi incontrollabile di aprirmi e costruire. Da un mese all'altro, da una settimana all'altra, diventava sempre più difficile riconoscermi. Per giorni e giorni non parlavo con nessuno, poi ritornavo a gioire, a riproporre: vivevo in uno stato di incontrollabile schizofrenia. E mi beccai i primi ammonimenti e la prima sospensione dal partito. Fui anche trasferito in un. altro posto a svolgere attività, ma non riuscii a resistere per più di una settimana: mi fu anche proposto di trasferirmi a Palermo, al Cantiere Navale: un pò di vicinanza con la Classe mi avrebbe giovato. Avevano ragione, ma rifiutai.

Mi trascinai in seguito, per qualche mese, in preda all'alcool, sino alla primavera del '72 ( assassinio di Feltrinelli e campagna per le elezioni politiche anticipate ). Aderii, con l'entusiasmo che mi ha sempre caratterizzato, alla proposta del gruppo del "Manifesto": sentivo il bisogno di garanzie istituzionali: mi beccai soltanto la cocente delusione della sconfitta elettorale. Furono mesi di delusione e disimpegno: mi trovavo, di fatto, fuori dalla politica. Autunno '72. Inizia la sua attività il Circolo Ottobre a Palermo, vi aderisco e do il mio contributo.Mi avvicino a "Lotta Continua" e al suo processo di revisione critica delle precedenti posizioni spontaneistiche, particolarmente in rapporto ai consigli: una problematico che mi aveva particolarmente affascinato nelle tesi del "Manifesto" Conosco Mauro Rostagno : è un episodio centrale nella mia vita degli ultimi anni. Aderisco a "Lotta Continua" nell'estate del '73, partecipo a quasi tutte le riunioni di scuola-quadri dell'organizzazione, stringo sempre più o rapporti con Rostagno: rappresenta per me un compagno che mi dà garanzie e sicurezza: comincio ad aprirmi alle sue posizioni libertarie, mi avvicino alla problematica renudista. Si riparte con l'iniziativa politica a Cinisi, si apre una sede e si dà luogo a quella meravigliosa, anche se molto parziale, esperienza di organizzazione degli edili. L'inverno è freddo, la mia disperazione è tiepida. Parto militare: è quel periodo, peraltro molto breve, il termometro del mio stato emozionale: vivo 110 giorni di continuo stato di angoscia e in preda alla più incredibile mania di persecuzione"

Nel 1975 organizza il Circolo "Musica e Cultura", un'associazione che promuove attività culturali e musicali e che diventa il principale punto di riferimento por i giovani di Cinisi. All'interno del Circolo trovano particolare spazio ìl "Collettivo Femminista" e il "Collettivo Antinucleare" Il tentativo di superare la crisi complessiva dei gruppi che si ispiravano alle idee della sinistra "rivoluzionaria" , verificatasi intorno al 1977 porta Giuseppe Impastato e il suo gruppo alla realizzazione di Radio Aut, un'emittente autofinanziata che indirizza i suoi sforzi e la sua scelta nel campo della controinformazione e soprattutto in quello della satira nei confronti della mafia e degli esponenti della politica locale. Nel 1978 partecipa con una lista che ha il simbolo di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali a Cinisi. Viene assassinato il 9 maggio 1978, qualche giorno prima delle elezioni e qualche giorno dopo l'esposizione di una documentata mostra fotografica sulla devastazione del territorio operata da speculatori e gruppi mafiosi: il suo corpo è dilaniato da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferrata Palermo-Trapani. Le indagini sono, in un primo tempo orientate sull'ipotesi di un attentato terroristico consumato dallo stesso Impastato, o, in subordine, di un suicidio "eclatante".
Nel gennaio 1988 il Tribunale di Palermo invia una comunicazione giudiziaria a Badalamenti. Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli e ipotizzando la possibile responsabilità dei mafiosi di Cinisi alleati dei “corleonesi”. Nel maggio del 1994 il Centro Impastato presenta un’istanza per la riapertura dell’inchiesta, accompagnata da una petizione popolare, chiedendo che venga interrogato sul delitto Impastato il nuovo collaboratore della giustizia Salvatore Palazzolo, affiliato alla mafia di Cinisi. Nel marzo del 1996 la madre, il fratello e il Centro Impastato presentano un esposto in cui chiedono di indagare su episodi non chiariti, riguardanti in particolare il comportamento dei carabinieri subito dopo il delitto. Nel giugno del 1996, in seguito alle dichiarazioni di Salvatore Palazzolo, che indica in Badalamenti il mandante dell’omicidio assieme al suo vice Vito Palazzolo, l’inchiesta viene formalmente riaperta. Nel novembre del 1997 viene emesso un ordine di cattura per Badalamenti, incriminato come mandante del delitto. Il 10 marzo 1999 si svolge l’udienza preliminare del processo contro Vito Palazzolo, mentre la posizione di Badalamenti viene stralciata. I familiari, il Centro Impastato, Rifondazione comunista, il Comune di Cinisi e l’Ordine dei giornalisti chiedono di costituirsi parte civile e la loro richiesta viene accolta. Il 23 novembre 1999 Gaetano Badalamenti rinuncia alla udienza preliminare e chiede il giudizio immediato. Nell’udienza del 26 gennaio 2000 la difesa di Vito Palazzolo chiede che si proceda con il rito abbreviato, mentre il processo contro Gaetano Badalamenti si svolgerà con il rito normale e in video-conferenza. Il 4 maggio, nel procedimento contro Palazzolo, e il 21 settembre, nel processo contro Badalamenti, vengono respinte le richieste di costituzione di parte civile del Centro Impastato, di Rifondazione comunista e dell’Ordine dei giornalisti.
Nel 1998 presso la Commissione parlamentare antimafia si è costituito un Comitato sul caso Impastato e il 6 Dicembre 2000 è stata approvata una relazione sulle responsabilità di rappresentanti delle istituzioni nel depistaggio delle indagini.
Il 5 marzo 2001 la Corte d'assise ha riconosciuto Vito Palazzolo colpevole e lo ha condannato a 30 anni di reclusione. L'11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti è stato condannato all'ergastolo. Badalamenti e Palazzolo sono successivamente deceduti.
Il 7 dicembre 2004 è morta Felicia Bartolotta, madre di Peppino.

domenica 8 maggio 2011

Lampedusa 08/05/2011


Lampedusa 08/05/2011
foto:KDV


Attorno l'una e mezza di ieri notte ci siamo recati al porto vecchio perchè ci era stata data segnalazione di un nuovo sbarco, appena arrivati , un barcone con circa settecento persone a bordo attraccava in banchina stracolmo e abbattuto da un lato. Questa volta la polizia ci fa entrare senza problemi, portiamo con noi coperte, vestiti e te caldo, in banchina ci sono anche:tutte le associazioni umanitarie, le forze dell'ordine, "Lampedusa accoglienza" e Don Stefano con altri della parrocchia. Il barcone aveva delle difficoltà ad attraccare, oltre ai migranti a bordo erano presenti alcuni operatori dell'ordine di Malta che afferravano le cime tirategli dalla banchina per poter approdare. Incominciano a scendere i primi sub-sahariani camminando tra il cordone formato dalla guardia di finanza verso la stazione marittima,molte donne e bambini, ci sono anche persone del Bangladesh e Pakistan, corriamo per distribuire te caldo, calzette e coperte. Tutto questo facendo avanti e indietro dal furgone posteggiato fuori dal porto, non avendo la possibilità di entrare con il mezzo per ordine della polizia.
Dopo avere fatto cinque volte dall'associazione al porto con il furgone per caricare tutto quello che necessitava, all'ultimo ritorno al porto notiamo che non c'è più polizia, ed entriamo direttamente col furgone. Mentre continuiamo con le operazioni di primo soccorso, un operatore di una NGO, avverte Annalisa, che in quel momento stava accudendo un bambino, che un secondo barcone si è arenato tra gli scogli, proprio vicino alla scultura di Paladino “Porta d'Europa” , circa cinquecento persone finiscono in mare, molti bambini, molte donne. Tutti si mobilitano per i salvataggi compresi i pescatori lampedusani, alla fine si salvano tutti. Alle sette di mattina presso la stazione marittima dove erano stati portati alcuni dei migranti salvati, un gruppo di sub-sahariani comincia a pregare in modo liberatorio , Annalisa e Gianluca sono tra di loro, sono le sette di mattina e tutto sembra come in un sogno, ora è un giorno nuovo e questi uomini ringraziano Dio per non essere morti, pregano Gesù Cristo, in un modo a noi sconosciuto, con una forza incredibile , abbiamo visto esseri umani appesi alla vita con un filo sottilissimo e Lampedusa nuovamente è stato un porto di salvezza.
Venite a Lampedusa la vostra magica Italia.

sabato 7 maggio 2011

Sedici duemilatre


L’aria di mare riannodava in una tiepida matassa il calore ruvido dei sassi nel viale.

Doveva essere estate, pensò, anche se il sole non era certamente come quello di casa, ammise quasi sorridendo.

Laggiù, quando la luce cedeva il passo al buio, per un istante il giorno e la notte parevano contendersi la vita ed ogni cosa aveva una luce così densa da coprire d’oro i tetti di lamiera lungo la via di polvere rossa che portava al villaggio.

Lo aveva sempre saputo che sarebbe stato proprio lui a partire, esattamente come sua madre sapeva, in qualche angolo scuro dei pensieri, che sarebbe stato proprio lui a non ritornare mai più.

Si sorprese ancora una volta. Di sera, il fragore delle onde si faceva rabbioso come un cane alla catena ma lui ormai aveva lasciato per sempre la paura giù al porto, in una scarpa di tela blu sul fondo del barcone.

Nonostante gli sforzi, non riusciva a ricordare se, almeno per un momento, fosse riuscito a vederla.

Forse si era solamente aggrappato all’orizzonte dei suoi occhi, ultima frontiera tra il mare e tutto quell’orrore.

A pensarci bene, no, non l’aveva mai vista, l’Italia. Ora, però, un lembo di quella terra lo abbracciava per sempre mentre si faceva leggero, senza più rabbia e paura, sotto una croce di legno sottile.

Luisa Rescaldina

venerdì 6 maggio 2011

La gestione di uno sbarco

Un po' con lo stesso spirito -e carico di pacchi- di sempre, anche ieri sera siamo andati al porto. Una chiamata, accompagnata dalla sua bella lista di generi vari, ci ha fatto scattare. Per cui con entusiasmo abbiamo raccolto gli scatoloni contenenti maglioni, calze, coperte e scarpe, e abbiamo guidato verso il molo commerciale.
Gia' all'altezza del bivio per Cavallo Bianco si vedeva il blocco della polizia. Rallentiamo e ci fermiamo per spiegare al poliziotto di guardia che trasportiamo abiti puliti per i migranti...ci sorride e ci invita a passare. Parcheggiamo, scendiamo e conversando con alcuni operatori delle NGOs, cominciamo a scaricare i pacchi. Cogliamo, quasi di sfuggita, i commenti di due poliziotti in abiti civili, su di noi e della nostra "collaborazione" con i membri delle NGOs presenti in quel momento al porto. Non gli diamo molto peso, raccogliamo la nostra lista e in pochi minuti risaliamo sul furgone per andare a prendere il secondo carico.
Un quarto d'ora piu' tardi siamo gia' sulla via del ritorno. Solita trafila: rallentiamo, abbassiamo il finestrino, sorridiamo -falsamente- e ripetiamo la stessa cantilena, ma con una differenza. Questa volta il poliziotto non sorride. Ci nega l'accesso...riformuliamo la frase, ma il contenuto e' lo stesso. Vestiti puliti, mutande, calze...la risposta e' ancora no. Non possiamo entrare, no signore..."perche'?" "perche' no!"...decidiamo di chiamare al cellulare uno degli operatori, passargli la roba e basta. Lo scambio del pacco avviene sulla line di confine disegnata invisibilmente dalle due macchine delle forze dell'ordine parcheggiate, una opposta all'altra, come i pali di una porta di calcio. I poliziotti non sembrano molto impressionati da questa mossa dal sapore"cortina di ferro" e vogliono ispezionare il pacco. Lo posiamo al suolo, e scartiamo, rompiamo e mostriamo il contenuto: mutande, calze, poi ancora mutande e calze...insomma biancheria, ma di quella bella bianca, pulita, nuova, cosi nuova che il cotone gratta quasi sulla pelle perche' e' impregnato di collanti e amido. Gli uomini in arma lo guardano: non ha proprio niente di male, se non che devono chiedere a qualcuno che sta sopra a loro nella gerarchia militare, se farlo passare o no. Passano i minuti e l'attesa suona sempre piu' kafkiana e stupida, fino a quando la risposta esce dalla bocca dell'agente. Il pacco non entra.
Con enorme sdegno la cortina di ferro ha seccato a colpi di telefonate una scatola di intimo uomo, donna e bambino. Cosa possiamo dire...a parte che, questa seconda ondata di sbarchi viene gestita dalla cooperativa che ha in mano la fase accoglienza, in modo superficiale e non pianificato. Non ci stupiremmo mai se continuassero a comprare scarpe taglia 40, come quelle che davano ai ragazzi Tunisini, peccato che tra i migranti che arrivano ora ci sono molte donne e bambini...insomma tirate voi le vostre conclusioni e bilanci, soprattutto quelli che non faranno mai su spese per i nuovi arrivati.

E per non dimenticare quello che e' successo il 29 Aprile scorso, eccovene un assaggio...

mercoledì 4 maggio 2011

Il Mega CARA di Mineo

Queste informazioni ci sono state inviate da Alfonso, parte della rete Catanese che segue il caso Mineo e i suoi sviluppi...buona lettura.

Per l’accoglienza, la Croce Rossa incasserà tre milioni di euro al mese. La proprietaria dell’area 360mila. Più di 20 milioni solo per il 2011. Senza contare gli stipendi. Tutto a carico del contribuente. Per Berlusconi e Maroni sarà il simbolo in Europa dell’accoglienza rifugiati made in Italy, ma è solo che la riproposizione sul fronte migrazione del modello Emergenza S.p.a., con ingenti flussi di denaro pubblico a favore dei soliti noti. Si tratta del residence di Mineo (Catania), piccolo centro agricolo nel cuore della Sicilia, che prima ospitava i militari USA della base aeronavale di Sigonella e dove adesso sono deportati i richiedenti asilo (in parte sradicati da precedenti percorsi d’inserimento ed in parte fuggiti dalla guerra in Libia) ed alcune centinaia di giovani tunisini arrivati in Italia prima del 5 aprile. Ibrido giuridico, a metà strada tra un CARA (centro accoglienza per richiedenti) e un CIE (struttura di detenzione per l’identificazione e l’espulsione degli “irregolari”), il residence della solidarietà di Mineo sarà l’inesauribile pozzo di san Patrizio per holding paramilitari, cooperative clientelar-sociali e prestigiosi signori del cemento.

Le associazioni siciliane antirazziste hanno già fatto le prime stime dell’affare. Agli enti che gestiscono i CARA sparsi sul territorio nazionale, il governo versa un contributo che fluttua dai 40 ai 52 euro al giorno per ogni richiedente asilo. Considerato il numero degli “ospiti” di Mineo (già sono 2.000), gli incassi per la mera gestione accoglienza oscilleranno mensilmente dai 2 milioni e 400 mila ai 3 milioni di euro. A beneficiarne sarà la Croce Rossa Italiana, individuata dal Commissario straordinario per l’emergenza immigrati, il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso, senza l’indizione di un bando ad evidenza pubblica e la presentazione di un piano dei servizi da gestire. “Sino al 30 giugno 2011, la CRI impiegherà fondi propri destinati alla gestione delle situazioni di emergenza”, precisa il dott. Caruso. Per i restanti sei mesi coperti dal decreto anti-sbarchi ci penserà però il contribuente. Conti alla mano un gruzzolo che a fine anno potrebbe oscillare tra i 14 e i 18 milioni di euro. Pensare che l’accoglienza diluita nei Comuni di mezza Italia, grazie alle reti solidali di enti e associazioni (il cosiddetto sistema Sprar), pesa per circa 22 euro al giorno per rifugiato. Con il vantaggio che si tratta in buona parte di esperienze con forti ricadute sull’economia e l’occupazione locale, come ad esempio accade a Riace, paesino della provincia di Reggio Calabria, riconosciuto internazionalmente come modello d’integrazione cittadini-migranti; ricordiamo che i sindaci della Locride si erano offerti di dare accoglienza nei loro paesi a 500 migranti, ma non hanno ricevuto risposta dal ministro Maroni.

A Mineo, invece, si dovrà sperare sulle “pressioni” del presidente della Provincia di Catania e coordinatore regionale del Pdl, Giuseppe Castiglione, perché la Croce Rossa affidi la gestione di alcuni servizi del villaggio alla miriade di cooperative locali, in buona parte riconducibili al potente consorzio Sol.Co. di Catania interessato da tempo a mettere radici nell’ex residence USA. In fondo si tratterebbe di versare una piccola tassa, ottenendo in cambio il consenso all’operazione dei politici e degli amministratori del luogo. Una fabbrica di soldi e di voti, dunque, il moderno ghetto per rifugiati e deportati. Oramai i sindaci del calatino hanno sospeso l’opposizione al centro di Mineo, accontentandosi di qualche briciola e del vergognoso “patto territoriale sulla sicurezza” con inutili sistemi di video sorveglianza

Il vero affare, quello meno trasparente, è tuttavia quello relativo ai canoni che saranno pagati dal governo per l’utilizzo delle 404 villette presenti nell’infrastruttura. Invece di dirottare i migranti verso le numerose strutture pubbliche dismesse (come ad esempio la ex base missilistica di Comiso, già utilizzata per l’emergenza Kosovo nel 1999), il duo Berlusconi-Maroni ha imposto che il mega-CARA “d’eccellenza” trovasse posto in quello che strumentalmente è stato definito “ex villaggio NATO” ma che in verità è di proprietà della Pizzarotti S.p.A. di Parma, una delle principali società di costruzioni italiane, contractor di fiducia delle forze armate USA (lavori nelle basi di Aviano, Camp Darby, Vicenza e Sigonella). I manager dell’azienda chiedevano allo Stato un contratto di locazione per una durata non inferiore ai 5 anni, ma il Prefetto, Commissario Giuseppe Caruso, ha preferito emettere un’ordinanza di requisizione della struttura sino al 31 dicembre. Contestualmente è stata affidata all’Agenzia Territoriale del demanio di Catania la valutazione dell’indennizzo per la Pizzarotti, che per legge non potrà essere inferiore ai valori di mercato. Quanto? È presto fatto. La Marina USA pagava alla società un canone annuo di 8 milioni e mezzo di dollari, più le spese per la gestione dei servizi all’interno del villaggio. Anche a limitarsi all’accattivante offerta fatta direttamente alle famiglie dei militari dopo la rescissione del contratto con il Dipartimento della difesa (900 euro al mese a villetta), alla Pizzarotti non andrebbero meno di 363.000 euro al mese, moltiplicato per i 10 mesi coperti dal decreto di emergenza. Più il canone per l’utilizzo degli altri immobili (uffici, mense, strutture commerciali, palestre, campi da tennis e football, asilo nido, sala per le funzioni religiose e 12 ettari di spazi verdi). Solo per il 2011 il Grand Hotel di Mineo “Deportati & C.” costerà così non meno di una ventina di milioni di euro, senza includere gli stipendi e le indennità missione di oltre un centinaio tra poliziotti, carabinieri e militari dell’Esercito. Un colossale sperpero di risorse in nome della guerra santa alle migrazioni.

Nelle scorse settimane abbiamo organizzato numerose iniziative di fronte al villaggio degli aranci per socializzare con i migranti e monitorare attraverso avvocati e medici il rispetto dei loro diritti, purtroppo una richiesta d’ingresso consegnata in Prefettura il 23 marzo scorso ha ricevuto un esplicito diniego. Oramai la conoscenza della condizione di vita dei migranti è top secret alle associazioni solidali ed alla stampa. Cosa c’è da nascondere? La reale quantità degli “ospiti”? La pessima qualità del cibo? L’efficienza dell’assistenza sanitaria?

La giornata del 25 aprile sarà un’altra occasione per consolidare i nostri legami umani e politici con i migranti

Rete Antirazzista Catanese, Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella


sabato 30 aprile 2011

Uno spaccato d'Africa su una banchina



Quando ieri sera, abbiamo cominciato a scaldare l'acqua per il te' da portare ai migranti che erano appena arrivati al Porto Vecchio, non potevamo prevedere come si sarebbero sviluppati gli eventi. E' stato solo quando alle 4 del mattino ce ne siamo andati a letto, che abbiamo fatto i conti, tirato una bella riga e considerato quanto, quella che viene etichettata come società' civile, aveva fatto da sola.
Poco dopo le 9pm, con i nostri pentoloni pieni di te, scendiamo al porto, dove gli sbarchi erano gia cominciati. I ragazzi del Forum Antirazzista cominciano a distribuirlo, mentre noi rientriamo a Askavusa col proposito di scaldare altra acqua. Non trascorrono nemmeno 10minuti, quando veniamo raggiunti da una seconda e poi subito da una terza e da una quarta telefonata. Le comunicazioni si susseguono convulse e sempre più lunghe: liste di cose, richieste. Gli amici al porto chiedono più te', più cibo e poi ancora, assorbenti -perché' ci sono tante donne- e vestiti, vestiti asciutti, ma anche braccia pronte a distribuire tutto quell'elenco di cose fatte.
Corriamo fuori e dentro Askavusa frettolosamente, caricando grossi scatoloni pieni di cibo, vestiti e coperte nel furgone. Guidiamo verso il ristorante di Vincenzo, per prendere altro te' e scendere fino alla stazione marittima. Non ci sono blocchi di polizia, ne tanti operatori. Parcheggiamo e entriamo nella stazione marittima: donne con bambini siedono ovunque. Attraversiamo il parcheggio antistante la stazione, nascosti alla visuale da un camion rimorchio, c'e' un folto gruppo di uomini avvolti nelle coperte fornite da Medici senza Frontiere.
Scarichiamo il furgone. Cominciamo a distribuire bicchieri di te' zuccherato e caldo. Facciamo il giro delle donne e poi degli uomini. Pantaloni, maglioni e assorbenti vengono spartiti in poco tempo, mentre e' lo il cibo non viene quasi toccato. Una donna incinta viene trasportata all'ospedale. Ci sono una decina di bambini piccoli -la maggioranza sotto ai diciotto mesi- che vengono accuditi e coccolati da tutti, mentre le madri si cambiano, indossando vestiti asciutti e cercano di ricomporsi. I pochi membri delle organizzazioni internazionali ci lasciano distribuire i viveri e prestare aiuto senza battere ciglio. Questo ci lascia abbastanza sorpresi: erano giorni che si attendevano questi “corposi” sbarchi, ma -come era già accaduto nei mesi passati- la storia si e' ripetuta e ancora una volta sembra che tutti siano stati colti di sorpresa.

All'esterno, la polizia fa posizionare gli uomini accanto alla stazione marittima, nell'attesa dell'autobus per il centro. Indisturbati e con l'aiuto di amici e membri del Forum, distribuiamo te' e biscotti ai ragazzi infreddoliti. La polizia, in disparte, segue i nostri movimenti senza intromettersi, anzi ci chiedono di tradurre per loro ciò che gli devono comunicare. Anche all'esterno, gli operatori delle organizzazioni internazionali sono pochi e sembra sempre più chiaro, che ciò che stiamo facendo, e' importante e essenziale.
Gli autobus arrivano e comincia la spola fra porto e centro, e porto e base Loren. Gli ultimi restano alla stazione marittima a dormire. Finalmente, e solo molto dopo, appare anche Lampedusa Accoglienza con un carico di scarpe e coperte, ma ormai all'interno della stazione marittima tutti dormono.

Unico momento di discussione con la polizia si e' avuto quando una cittadina lampedusana, lamentandosi per le condizioni in cui venivano lasciati i migranti, e' stata attaccata da un poliziotto. A quel punto un membro di Askavusa interviene in sua difesa, denunciando la gestione carente dell’accoglienza. Interviene anche un funzionario -sindacalista di polizia- che cerca di moderare e abbassare i toni. Ne nasce, in realtà, un acceso dibattito che coinvolge tutti: ci si interroga sulle ragioni di tale disorganizzazione, quando
era da tempo noto che dalla Libya sarebbero arrivate queste imbarcazioni. Riprendiamo la discussione con la telecamera, fino a quando un altro poliziotto non intima in modo brusco di smettere di riprendere. Il poliziotto sindacalista sostiene che tutte le carenze da noi evidenziate non costituiscono problema di ordine pubblico e non sono di competenza della polizia, per cui invita a presentare un esposto sui fatti e a considerarlo come nostro interlocutore.

I migranti provengono da Ghana, Nigeria, Benin e Senegal, ma ci sono anche Magrebini di origine Libica, Algerina e Marocchina, tutti comunque vivevano in Libia e da li si sono imbarcati. Nella notte c'e' stato un'altro sbarco, avvenuto nella zona di Cala Galera, mentre un terzo e' atteso per questa sera: dovremmo essere a quota 1450 nel centro e 450 nella base Loren, che probabilmente crescerà nelle prossime ore.

sabato 23 aprile 2011

From Scandar with love....

Oggi (22/04), con un gruppo del forum antirazzista di Palermo, siamo
andati a portare al centro di Salina Grande in provincia di Trapani, un po' di vestiti, delle sigarette e delle caramelle, sperando di poter avvicinare i richiedenti asilo e magari di poter scoprire la presenza di qualche minore.
La struttura "ospita" circa 200 migranti tunisini sbarcati prima del 5 aprile, che in seguito agli accordi con il governo provvisorio tunisino potranno beneficiare del permesso di soggiorno di sei mesi, ed un numero non definito di immigrati (si stima possano essere un centinaio) sbarcati dopo quella data, destinati quasi certamente al rimpatrio, stipati nella palestra della struttura.
I primi possono circolare liberamente anche all'esterno del complesso in quanto in attesa del loro documento (alcuni attendono da diverse settimane...), gli altri sono inavvicinabili e "protetti" da decine di mezzi di forze dell'ordine che impediscono l'uscita ai detenuti e l'accesso ad ogni visitatore.
I racconti dei liberi, che si sono avvicinati liberamente e con entusiasmo, ci hanno lasciati amareggiati e perplessi.
Ci hanno raccontato che i pasti non sono sempre puntuali e che gli stessi hanno un'effetto soporifero che porta ai consumatori a lunghe dormite e a forti e costanti emicranie. Il sospetto di "correzioni" al cibo era già stato sollevato già dai compagni di Askavusa sull'isola di Lampedusa...
Le condizioni dei poveretti stipati all'interno della palestra ci sono state raccontate dai tunisini all'esterno.
Ci hanno detto di numerosi episodi di atti autolesionisti e di frequenti tentativi di suicidio.
I ferimenti, a volte gravi, sono attuati nel disperato tentativo di evitare o almeno di ritardare il rimpatrio, i tentativi di suicidio non devono essere spiegati...
Non si riesce a conoscere la destinazione dei reclusi ma un episodio sussurrato ci ha riempito di rabbia. I ragazzi all'esterno ci hanno raccontato di un 17enne che viene tenuto isolato dagli altri, sembrerebbe in attesa del suo prossimo compleanno, per poterlo trattare come un qualunque maggiorenne! Spero che ci sia un'altra spiegazione ma nessuno delle forze dell'ordine si sbottona. Anzi, la polizia e' sempre presente e anche un po' intimidatoria.
Oggi, dopo che un carabiniere ha fatto a noi visitatori una radiografia completa dell'auto su cui siamo giunti ed una descrizione dei suoi passeggeri...sono stato avvicinato da un poliziotto che salutandomi calorosamente, mi ha riconosciuto, in quanto era presente ed attivo durante le varie perquisizioni e degli episodi sgradevoli già raccontati nelle mail scorse, chiedendomi se avessi intenzione di visitare tutti i centri in Sicilia e paventando un nostro prossimo incontro davanti ad un giudice...dopo che siamo stati raggiunti dagli altri componenti la spedizione e da molti tunisini, i suoi toni si sono fatti di colpo amichevoli e questa volta non mi ha chiesto i documenti dichiarando di conoscere bene la mia identità. Non voglio pensare ad una persecuzione ma di certo avrei preferito non fare questo incontro!!!
L'ultima nota riguarda una piccola denuncia: sembra che i migranti che possono uscire trovino facilmente da lavorare (ovviamente a giornata ed in nero...) nei campi o nell'edilizia...cominciamo bene con l'inserimento all'interno della nostra società.
Ho fatto un minestrone ma le cose che vorrei raccontare erano troppe per essere scritte con ordine e chiarezza...da un telefonino!
Un bacio

Scandar