appello

Appello a tutti...

Quest'anno il Lampedusa in Festival è arrivato alla sua terza edizione. Con molto entusiasmo stiamo portando avanti questa iniziativa che riteniamo sia importante per Lampedusa, i lampedusani e tutti coloro che amano l'isola. Purtroppo, anche quest'anno, dobbiamo fare i conti con le nostre tante idee e i nostri pochi fondi per realizzarle.

Chiediamo a tutti coloro che credono nel Lampedusa in Festival e nel lavoro che Askavusa sta facendo -rispetto all'immigrazione e al territorio di Lampedusa- di dare un contributo, anche minimo, per permettere al Festival di svolgere quella funzione di confronto e arricchimento culturale che ha avuto nelle passate edizioni.

Per donazioni:
Ass. Culturale Askavusa
Banca Sant'Angelo
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venerdì 6 maggio 2011

La gestione di uno sbarco

Un po' con lo stesso spirito -e carico di pacchi- di sempre, anche ieri sera siamo andati al porto. Una chiamata, accompagnata dalla sua bella lista di generi vari, ci ha fatto scattare. Per cui con entusiasmo abbiamo raccolto gli scatoloni contenenti maglioni, calze, coperte e scarpe, e abbiamo guidato verso il molo commerciale.
Gia' all'altezza del bivio per Cavallo Bianco si vedeva il blocco della polizia. Rallentiamo e ci fermiamo per spiegare al poliziotto di guardia che trasportiamo abiti puliti per i migranti...ci sorride e ci invita a passare. Parcheggiamo, scendiamo e conversando con alcuni operatori delle NGOs, cominciamo a scaricare i pacchi. Cogliamo, quasi di sfuggita, i commenti di due poliziotti in abiti civili, su di noi e della nostra "collaborazione" con i membri delle NGOs presenti in quel momento al porto. Non gli diamo molto peso, raccogliamo la nostra lista e in pochi minuti risaliamo sul furgone per andare a prendere il secondo carico.
Un quarto d'ora piu' tardi siamo gia' sulla via del ritorno. Solita trafila: rallentiamo, abbassiamo il finestrino, sorridiamo -falsamente- e ripetiamo la stessa cantilena, ma con una differenza. Questa volta il poliziotto non sorride. Ci nega l'accesso...riformuliamo la frase, ma il contenuto e' lo stesso. Vestiti puliti, mutande, calze...la risposta e' ancora no. Non possiamo entrare, no signore..."perche'?" "perche' no!"...decidiamo di chiamare al cellulare uno degli operatori, passargli la roba e basta. Lo scambio del pacco avviene sulla line di confine disegnata invisibilmente dalle due macchine delle forze dell'ordine parcheggiate, una opposta all'altra, come i pali di una porta di calcio. I poliziotti non sembrano molto impressionati da questa mossa dal sapore"cortina di ferro" e vogliono ispezionare il pacco. Lo posiamo al suolo, e scartiamo, rompiamo e mostriamo il contenuto: mutande, calze, poi ancora mutande e calze...insomma biancheria, ma di quella bella bianca, pulita, nuova, cosi nuova che il cotone gratta quasi sulla pelle perche' e' impregnato di collanti e amido. Gli uomini in arma lo guardano: non ha proprio niente di male, se non che devono chiedere a qualcuno che sta sopra a loro nella gerarchia militare, se farlo passare o no. Passano i minuti e l'attesa suona sempre piu' kafkiana e stupida, fino a quando la risposta esce dalla bocca dell'agente. Il pacco non entra.
Con enorme sdegno la cortina di ferro ha seccato a colpi di telefonate una scatola di intimo uomo, donna e bambino. Cosa possiamo dire...a parte che, questa seconda ondata di sbarchi viene gestita dalla cooperativa che ha in mano la fase accoglienza, in modo superficiale e non pianificato. Non ci stupiremmo mai se continuassero a comprare scarpe taglia 40, come quelle che davano ai ragazzi Tunisini, peccato che tra i migranti che arrivano ora ci sono molte donne e bambini...insomma tirate voi le vostre conclusioni e bilanci, soprattutto quelli che non faranno mai su spese per i nuovi arrivati.

E per non dimenticare quello che e' successo il 29 Aprile scorso, eccovene un assaggio...

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